ACCADEMIA SAN PIETRO
Un faro per la cultura
VILLA BUZZONI NIGRA
Sartirana Lomellina (PV)
Sartirana, 10-10-2019
Comunicato stampa.
L’undicesimo appuntamento culturale del 2019, promosso dall’Accademia San Pietro di Sartirana, sarà un convegno a cui farà seguito il dibattito incentrato su un tema di stringente attualità: “De Gasperi e l’Europa – oltre i populismi”.
L’incontro è per venerdì 22 novembre ore 21,15, nella sala del caminetto di villa Buzzoni Nigra a Sartirana, in via Amedeo D’Aosta, 6. Relatori, ing. Alberto Lasagna – De Gasperi e il laicismo dello stato; prof. Paolo Valvo – La nascita della comunità europea; On. Patrizia Toia – L’Europa oggi; modera: prof. Don Cesare Silva. Il denominatore comune della serata è la proiezione politica – europea dello statista trentino, presidente del Consiglio dal 1945 al 1953.
La laicità di De Gasperi ha nulla del laicismo pregiudizialmente anticlericale, per lui significa fedeltà assoluta agli interessi superiori del popolo, che si è impegnato a servire con l’arte della mediazione politica, e dunque è tenace dedizione al perseguimento del bene comune, da anteporre sempre ad ogni più o meno corto interesse di parte. In questa luce, si comprendono anche le distanze, a volte vissute molto dolorosamente, fra le posizioni del grande Statista e quelle di alcuni protagonisti della vita ecclesiale del suo tempo: De Gasperi non subordina mai i suoi doveri di uomo di governo alla ricerca di un’approvazione ad ogni costo da parte di pur alte autorità della Chiesa. In lui, l’obbedienza alla coscienza rettamente illuminata appare il criterio supremo di ogni scelta, l’unico in grado di salvaguardare l’agire politico da ricette strumentali, che nel tempo avrebbero potuto solo danneggiare il Paese e la stessa comunità ecclesiale. Così, di fronte alla parte del mondo cattolico che osannava al Regime fascista e alla conciliazione con la Chiesa, non esita a scrivere ad un amico: “Insegnare a stare in ginocchio va bene, ma l’educazione clericale dovrebbe anche apprendere a stare in piedi”. La lealtà del politico De Gasperi e la sua dedizione alle istituzioni, che egli stesso aveva contribuito in maniera rilevante a creare, sono il vero senso della sua laicità, che è forte senso del servizio da rendere al popolo e – se necessario – del prezzo da pagare in termini personali per il conseguimento del bene di tutti, specialmente di quello dei più deboli e svantaggiati. Sono questi alcuni degli elementi cardine che lo statista italiano ha successivamente trasfuso nello spirito delle istituzioni politiche europee di cui è stato uno dei padri fondatori.
Uno sguardo al passato per ravvisare straordinarie analogie con il presente.
Il vissuto politico-culturale di De Gasperi, Adenauer, Shuman, i padri fondatori della moderna Europa, era sotteso da comuni esperienze quali la multietnicità, l’essere originari di regioni storicamente “di confine”, le frustrazioni dovute dai nazionalismi e la tragedia di due guerre mondiali. In forza di queste esperienze De Gasperi auspica una difesa comune capace in avvenire di contrastare e annullare ogni forma di conflitto bellico. La NATO è essenziale, ma nella visione dello statista italiano non basta: l’Europa deve avere forti connotazioni politiche, morali e spirituali. In quale Europa pone le speranze De Gasperi? Nell’Europa della civiltà cristiana, che ritiene essere la vera ed inestricabile radice culturale del vecchio continente. All’interno di questa concezione, il punto focale non è lo Stato, ma la persona; ovvero l’uomo proteso in un continuo sforzo interiore alla ricerca della perfezione, così si esprime il capo del governo italiano. De Gasperi bandisce con forza dal proprio orizzonte culturale il concetto di pensiero unico, qualunque esso sia. Non si identifica né con il liberalismo, anche se portatore di valori di libertà; né con il socialismo, che contraddice l’aspirazione del movimento europeo, anteponendo lo Stato all’Uomo; né con una idea politica del cristianesimo, di esclusiva matrice confessionale. Ma nella visione lungimirante dello statista, che ha contribuito in maniera significativa a tracciare le linee guida del nuovo assetto continentale, le tre espressioni politico – culturali, non certamente compatibili tra di loro, sono ugualmente chiamate a contribuire, nell’ambito delle proprie distinte espressioni identitarie, allo sviluppo non più procrastinabile della nuova Europa.
E l’Europa di oggi?
A partire dai Trattati di Roma del 1957, la Comunità, poi unione europea, si è progressivamente realizzata sul piano economico e monetario, attraverso un approccio funzionalista, teso a integrare a livello sovrannazionale settori sempre più ampi, secondo il metodo cosiddetto monnetiano, abbandonando almeno parzialmente l’iniziale ispirazione politica. In tal modo è diventato sempre più evidente il deficit democratico, cioè la contraddizione tra il trasferimento di ampie competenze all’Unione, dove non c’è ancora un sistema democratico di controllo del parlamento sul governo, e un potere politico che continua in gran parte a rimanere agli Stati nazionali, condizione questa che rende impossibili, anche in momenti di grave crisi come quelli che abbiamo attraversato di recente, quegli interventi di carattere strutturale e di riequilibrio regionale che sarebbero necessari. L’Europa di fatto è impedita a svolgere un ruolo positivo nelle numerose crisi internazionali, che pure ci riguardano sempre più da vicino. L’immagine dell’Europa che ci perviene quotidianamente è dunque quella dal volto arcigno e prepotente dell’economia, dello spread e dei parametri di Maastricht, caratterizzata ulteriormente dall’inconsistenza politica, mentre le espressioni dei diritti e le voci dei cittadini faticano a trovare un interlocutore. Non è certo sorprendente, quindi, il diffondersi di un forte euroscetticismo, non solo nei paesi tradizionalmente meno europeisti (la Gran Bretagna e i Paesi scandinavi) o in quelli di recente ingresso, ma anche all’interno degli Stati fondatori. Sempre più spesso, di fronte ai venti di crisi si invoca un illusorio ritorno agli Stati e alle monete nazionali. Altre voci sottolineano invece la necessità non più eludibile di passare dall’Europa dei mercati all’Europa dei cittadini. Al centro del progetto dell’Unione – come felicemente prospettato dai padri fondatori – dovrebbe trovarsi il cittadino, soggetto consapevole e attivo di una storia rivoluzionaria come quella che, a partire dal 1950, ha permesso all’Europa di conoscere un lungo periodo di pace superando il secolare dissidio franco-tedesco e le altrettanto secolari lotte intestine tra gli Stati europei. Una rivoluzione unica perché portata avanti attraverso il diritto e non attraverso le guerre, e per questo più lunga e tortuosa. Nel momento presente l’Unione Europea si trova al cospetto dell’opportunità storica di acquisire nuovamente una caratura politica smarrita o abbandonata nel corso degli ultimi decenni. I preziosi tasselli mancanti nel mosaico comunitario espongono il vecchio continente al pericolo di un collasso, sia in relazione ai conflitti bellici che divampano ai suoi confini, nei confronti dei quali non sa proporre una azione condivisa tra gli stati membri, sia in presenza di accordi internazionali puramente economici, spesso di corto respiro, siglati con realtà statuali i cui standard di rispetto dei diretti umani lasciano molto a desiderare. A fronte di questo quadro la soluzione non può essere non contemplare la creazione di una Europa politica e democraticamente legittimata, riprendendo l’idea originaria di numerosi padri fondatori dell’Europa unita. De Gasperi, nel suo progetto culturale-politico, era ispirato dalla concezione di una Comunità che non avrebbe soppiantato i singoli Stati, ma li avrebbe aiutati a completarsi vicendevolmente. E’ con questo spirito dialettico che i relatori del convegno “De Gasperi e l’Europa – oltre i populismi”, indetto dall’Accademia San Pietro di Sartirana, si presenteranno al pubblico e con esso dialogheranno proficuamente.
Marco Feccia
Addetto stampa.